Continuano le nostre interviste ai ricercatori

Giuseppina Carbone, lavora allo IOR dal 2003 e dirige il Laboratorio di biologia del cancro prostatico. Ci racconta del suo percorso personale e dei motivi che l’hanno spinta a lavorare all’interno di un laboratorio di ricerca, ci porta con sé e ci racconta i traguardi raggiunti in questi anni…

“Perché secondo lei è importante partecipare alla corsa della speranza?

La corsa della speranza crea una opportunità per coloro che non sono direttamente coinvolti nel campo della ricerca biomedica e della medicina di comprendere il significato e l’utilità della ricerca per tutti. Purtroppo, c’è ancora molto scetticismo sul significato e l’utilità della ricerca, e questo non aiuta nessuno. Correre per la speranza significa anche spingersi a documentarsi, aggiornarsi, cercare di comprendere, e capire perché e come aiutare.”

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1. Si presenti al pubblico della corsa della speranza…

Sono la dottoressa Giuseppina Carbone e lavoro allo IOR dove dal 2003 dirigo il Laboratorio di biologia del cancro prostatico (Prostate Cancer Biology). Mi sono laureata in Medicina all’Università di Napoli. Dopo la specializzazione ed un breve periodo di pratica clinica, ho intrapreso un post-dottorato negli Stati Uniti per apprendere le basi fondamentali della ricerca di base. Mi sono appassionata subito al lavoro di ricerca e con entusiasmo ho deciso di proseguire la mia carriera come ricercatrice nel campo della biomedicina presso la Wake Forest University negli USA. Ho poi lavorato per circa dieci anni nei laboratori del Centro di Medicina Molecolare e Strutturale affiliato al Cancer Center presso l’Università di Medicina di Charleston (SC) negli Stati Uniti. In quegli anni ho avuto l’opportunità di lavorare con un eccellente gruppo di ricercatori molto attivi nella scoperta e clonaggio di una famiglia di geni molto importanti per lo sviluppo dei tumori e in particolare per il cancro alla prostata. Tali geni, detti fattori di trascrizione della famiglia ETS, sono rimasti poi al centro del mio lavoro di ricerca per molti anni. Da allora ho avuto modo di intraprendere vari progetti di ricerca in questo campo che continua ancora ad appassionarmi e che in parte costituisce anche la base del progetto finanziato dalla Fondazione Ticinese per la Ricerca sul Cancro.

2. Cosa la porta a credere nella ricerca?

Prima di essere una ricercatrice sono stata un medico e posso dire senza alcuna esitazione che senza la ricerca non ci potrebbero essere cure adeguate ed efficaci per le nostre malattie. La ricerca costituisce la base per comprendere i fenomeni biologici responsabili delle malattie. Tale conoscenza a sua volta costituisce la base per la scoperta di farmaci e terapie per il loro trattamento. Quindi, ricerca e medicina devono andare di pari passo. Se crediamo (e speriamo) nella medicina dobbiamo per forza credere nella ricerca. La ricerca non è una attività collaterale o secondaria, ma è la base delle nostre conoscenze e capacità di agire nel campo della Medicina. Senza ricerca sarebbe come avere una grande cucina senza ingredienti e senza ricette. La ricerca biomedica fornisce l’essenza, gli ingredienti e le istruzioni, per poter migliorare la nostra salute.

3. Può indicarci un esempio di ricerca che ha avuto un impatto positivo?

Un esempio recente è il successo dei vaccini anti-Covid. Per la ricerca oncologica si sono fatti passi da gigante in varie neoplasie. Basti pensare al tumore della mammella che con la prevenzione ed il trattamento ha raggiunto livelli di curabilità pari all’85-90% dei casi. Mi preme precisare che, al di là dei singoli esempi di successo, ogni ricerca condotta con serietà ed impegno ha un impatto positivo sulla cura delle malattie. I risultati delle nostre ricerche apportano nuove conoscenze che potranno essere utilizzate anche in seguito da altri ricercatori o medici. È fondamentale che la qualità della ricerca sia sempre alta e questo si ottiene grazie all’impegno dei ricercatori e mediante investimenti nella ricerca da parte di tutti noi.

4. Come verranno impiegati i soldi donati dalla Fondazione per la ricerca sul cancro nel Ticino e quindi della corsa della speranza, nel suo progetto di ricerca?

Il progetto finanziato è particolarmente innovativo ed interessante. Riguarda un fattore di trascrizione si chiama EHF, uno della mia famiglia preferita. Nel mio gruppo di ricerca, abbiamo dimostrato che questo gene ha un ruolo importante nella ghiandola prostatica e che protegge dall’insorgenza del cancro alla prostata agendo come oncosoppressore. In pratica, il gene EHF agisce come una barriera contro la trasformazione tumorale contribuendo a mantenere la integrità della ghiandola prostatica. Se le cellule prostatiche perdono EHF, si sviluppano tumori molto aggressivi e resistenti alle terapie. Abbiamo dati che indicano che la reintroduzione e riattivazione di EHF in cellule tumorali prostatiche ha effetto antitumorale. In questo studio, intendiamo sviluppare strategie terapeutiche mediante tecniche di genetica e biologia molecolare (genetic reprogramming) per riattivare l’espressione e la funzione di EHF e ristabilire la normale funzione delle cellule prostatiche.

5. Perché secondo lei è importante partecipare alla corsa della speranza?

La corsa della speranza crea una opportunità per coloro che non sono direttamente coinvolti nel campo della ricerca biomedica e della medicina di comprendere il significato e l’utilità della ricerca per tutti. Purtroppo, c’è ancora molto scetticismo sul significato e l’utilità della ricerca, e questo non aiuta nessuno. Correre per la speranza significa anche spingersi a documentarsi, aggiornarsi, cercare di comprendere, e capire perché e come aiutare.

6. Sogni per il futuro?

Certo! Continuare a lavorare sempre meglio condividendo risultati e lavorando insieme a tanti altri ricercatori. Sono convinta che unendo competenze ed esperienze complementari si possano avere risultati sempre migliori e più rapidamente. Qualità e velocità: sembra paradossale e difficile da realizzare, ma questo deve essere il sogno di tutti per una ricerca migliore e migliori cure per tutti. Poi, il mio sogno personale è che ci sia maggiore interesse e consapevolezza dell’importanza della ricerca!

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